I sintomi della Vulvodinia
“Punture di spillo”, bruciore diffuso, sensazione di “taglietti” sulla mucosa, forte secchezza vaginale esterna ed interna, tensione sovra-pubica e dolore anche solo indossando gli slip sono i sintomi principali di una sindrome ben definita e chiamata più comunemente Vulvodinia o Vestibolite Vulvare.
La vulvodinia raramente si instaura dopo traumi fisici; pertanto, risulta al momento un disturbo purtroppo ancora troppo sottovalutato, tale da essere spesso etichettato solo come “psicosomatico”.
Esistono ovviamente alcune concause del dolore vulvare come le continue infezioni vaginali, le cistiti, uno stato di ipertono o ipercontrattilità dei muscoli del perineo, traumi della regione vulvare, sbalzi ormonali e traumi psicologici in condizioni bio-psico-sociali particolari.
La diagnosi di vulvodinia viene effettuata dal Ginecologo e consiste nell’eseguire uno Swab Test (o Q-tip test), in cui il medico, con l’aiuto di un cotton fioc, esercita leggere pressioni sulla zona vestibolare, tali da evocare un dolore urente tipico di questa condizione ginecologica.
Frequentemente la vulvodinia si associa ad altre patologie, sempre caratterizzate da uno stato di ipertono dei muscoli pelvici: vaginismo (contrazione e chiusura involontaria ad ogni tipologia di penetrazione), endometriosi (presenza di placche endometriosiche infiammanti i tessuti al di fuori dell’utero), stipsi e anismo (mancato rilasciamento della muscolatura pelvica durante la defecazione). Esistono, poi, condizioni cliniche gastro-intestinali sempre presenti, come la sindrome del colon irritabile (infiammazione cellulare nelle anse intestinali che coinvolge altre strutture del pavimento pelvico), gastriti e dispepsia (gas, indigestione, dolorabilità diffusa dello stomaco) e sindrome fibromialgica (dolori diffusi per lo stato di infiammazione generale in tutto il corpo).
La vulvodinia risulta al momento un disturbo purtroppo ancora troppo sottovalutato, tale da essere spesso etichettato solo come “psicosomatico”.
La riabilitazione del pavimento pelvico prevede un percorso di terapia manuale e rieducazione ad un nuovo assetto posturale attraverso tecniche mio-fasciali.
Qual è, dunque, la strategia terapeutica vincente?
Il trattamento integrato prevede un percorso farmacologico, fisioterapico e psico-sessuologico. Farmaci ed integratori specifici, infatti, aiutano a contrastare l’infiammazione cronica di tipo neuropatico e l’ipertono dei muscoli, permettendo così di arrivare più velocemente ad una risoluzione del dolore e al mantenimento dei risultati ottenuti durante la riabilitazione del pavimento pelvico. Quest’ultima, dalla sua parte, prevede un percorso di terapia manuale e rieducazione ad un nuovo assetto posturale attraverso tecniche mio-fasciali profonde su addome-sacro-coccige-pube, fino ad arrivare a distretti apparentemente lontani (ad esempio, l’articolazione temporo-mandibolare). Il percorso prevede spesso anche l’utilizzo di terapie fisiche strumentali (T.E.N.S. con elettrostimolatore, ecc…) e di dispositivi studiati per l’auto-trattamento, finalizzato alla gestione personale del dolore al di fuori dalla seduta riabilitativa